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Quando una nuova lingua diventa uno spazio sicuro

Il mio percorso e la scienza che lo spiega

Oggi voglio essere un po’ vulnerabile e condividere qualcosa di molto personale del mio percorso linguistico: qualcosa che ha influenzato non solo la mia identità, ma anche il mio lavoro su bilinguismo e multilinguismo.

Da bambina ero estremamente timida e portavo con me un forte senso di ansia sociale in ogni aula scolastica in cui entravo. Mentre le altre bambine e gli altri bambini giocavano e ridevano insieme, io mi ritrovavo spesso in un angolino, persa nel mio mondo fatto di musica. Ma non una musica qualsiasi: musica in inglese, una lingua che, per qualche motivo, sembrava essere la chiave di una porta che desideravo disperatamente aprire.

All’epoca non c’era Internet, così, alle medie e alle superiori, passavo ore a cercare di catturare e trascrivere i testi dalle cassette o dalla radio, traducendoli parola per parola, trascrivendoli in fonetica per poterli memorizzare.

Con il passare degli anni mi sono resa conto di una cosa. L’inglese per me non era solo una materia scolastica: era una salvezza. Mentre facevo fatica a usare l’italiano a scuola, l’inglese mi dava una voce, una sicurezza che non trovavo nella mia lingua madre. Sembrava un muro protettivo, un modo per esprimermi senza temere il giudizio.

Solo anni dopo ho capito che tutte le emozioni vissute da adolescente timida avevano un senso profondo. Quello che avevo usato istintivamente come strategia per affrontare la mia fragilità è in realtà un fenomeno ben documentato nella ricerca sul bilinguismo: ovvero si tratta di usare una nuova lingua come filtro per gestire emozioni e ansia.


La ricerca dietro l’”effetto filtro

Quando ho iniziato a studiare linguistica e ad approfondire il tema del bilinguismo, ho scoperto un concetto che spiegava perfettamente la mia esperienza: molte persone usano una lingua straniera come una specie di “cuscinetto emotivo”. Le ricerche dimostrano che parlare una lingua non materna può ridurre l’intensità emotiva, aiutando a prendere le distanze dalla paura, dall’ansia e dal giudizio.

Uno studio pubblicato sulla rivista Women and Language ha esplorato come le donne dell’Amazzonia usassero lingue diverse non solo per comunicare, ma anche per gestire le dinamiche sociali, affermare la propria identità e proteggersi emotivamente.

Schemi simili si osservano in tutto il mondo. Molte persone scoprono che esprimersi in una seconda o terza lingua crea una distanza emotiva, una sorta di filtro che riduce la vulnerabilità. Insomma, sembra insolito, ma la lingua straniera ti può far sentire più forte.

Ecco cosa stavo facendo anch’io da bambina.

L’inglese non era solo una lingua: era uno scudo protettivo.


Dall’esperienza personale all’intuizione professionale

Nel mio lavoro di consulente per il bilinguismo e il multilinguismo, ho incontrato moltissime famiglie e insegnanti che riconoscono questo fenomeno, anche se spesso non sanno dargli un nome. Bambine e bambini, adolescenti e adulti si avvicinano spesso a una lingua non perché sia più facile, ma perché fa sentire più al sicuro.

Alcuni genitori mi raccontano di figli e figlie che parlano fluentemente una seconda lingua a scuola, ma rifiutano di usare la lingua di casa. Altri si sentono più sicuri in una lingua non materna durante una presentazione o in pubblico.

E in consulenza, ho ascoltato decine di storie di persone che hanno trovato la loro “voce” in una lingua che non era originariamente la loro.

Perché succede?

Perché la lingua non è solo un sistema di parole e regole, ma è legata in profondità alle nostre emozioni, alla nostra identità e al nostro senso di appartenenza.


La scienza del “Foreign Language Effect

Numerosi studi confermano che usare una lingua straniera può ridurre la reattività emotiva. Questo fenomeno è chiamato Foreign Language Effect (FLE).

Secondo alcuni ricercatori e ricercatrici, il fatto che parlare una lingua straniera richieda uno sforzo cognitivo maggiore lascia meno spazio alla risposta emotiva immediata.

Questo crea una distanza emotiva, sottile ma reale, tra chi parla e le emozioni che prova.

Un risultato affascinante di questa ricerca è che le decisioni prese in una lingua straniera tendono ad essere più razionali e meno influenzate dai bias emotivi.

Non vuol dire che perdiamo la nostra umanità, ma che la lingua agisce come un filtro che ci aiuta a pensare con più lucidità e meno sopraffazione (soprattutto emotiva).


Che cosa significa questo per chi cresce bilingue

Lavorando con famiglie bilingui e multilingui, vedo spesso emergere questi schemi. Un bambino o una bambina potrebbe rifiutare la lingua di casa non perché non la apprezzi, ma perché la vive come troppo carica di emozioni. Potrebbe preferire la lingua della scuola anche se conosce bene quella di origine.

Allo stesso modo, anche i genitori possono sentirsi più a loro agio a usare la lingua dominante della comunità, specie in contesti stressanti.

Non si tratta di un rifiuto della lingua madre, ma di una strategia per gestire le emozioni e le aspettative sociali.

Ma qual è allora il messaggio chiave?

La lingua che scegliamo nei diversi contesti parla di come ci sentiamo e di quanto ci sentiamo sicuri nell’esprimerci.


Consigli pratici per genitori e insegnanti

Se stai crescendo o accompagnando bambini e bambine nel loro percosrso bilingue o multilingue, ecco alcune strategie utili:

✅ Rispettate le scelte linguistiche. Se un* bambin* preferisce una lingua in un certo contesto, provate a capirne il motivo emotivo.

✅ Create spazi sicuri per la lingua di casa. Usatela nei momenti di gioco, lettura o nelle interazioni senza pressione.

✅ Mostrate fiducia nel vostro uso della lingua. Se usate una lingua con accento o in modo imperfetto, mostrate che va bene così. I bambini e le bambine imparano anche dal vostro atteggiamento.

✅ Normalizzate la fatica. Spiegate che è normale sentirsi timidi o insicuri e che va bene rifugiarsi nella lingua che fa sentire meglio.

✅ Evitate di classificare le lingue come “buone” o “cattive”. L’obiettivo è la comunicazione, non la perfezione.


Il cerchio si chiude

Guardando indietro, capisco che non ero “strana” o “confusa”: stavo usando l’inglese come filtro protettivo. Mi ha permesso di entrare in un mondo che mi sembrava troppo difficile da affrontare in italiano.

Mi ha dato lo spazio per sperimentare, per connettermi con la musica e con una cultura diversa, e per costruire la mia sicurezza.

Oggi, come consulente in bilinguismo e multilinguismo, condivido queste intuizioni con famiglie, educatori, educatrici ed esperti in tutto il mondo.

La mia storia non è più solo mia: è parte di una conversazione più ampia su come le lingue modellano le nostre emozioni, la nostra identità e le nostre relazioni.


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Ciao sono Karin, una linguista plurilingue! In questo blog si parla di vivere la vita con più di una lingua. Condivido le mie piccole grandi scoperte personali e professionali per rendere questo mondo un posto migliore. Spero tu possa trovare l’ispirazione che cerchi!

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